Castello Vecchio
Il castello sorge alla sommità di un colle, a 245 m. s.l.m., circondato da campi coltivati. L’accesso al complesso avviene da nord a ovest: un corridoio voltato attraversa l’intero spessore del corpo di fabbrica e conduce alla corte centrale, su cui si aprono gli ingressi alle diverse parti dell’edificio che delimitano
un’area approssimativamente rettangolare di dimensioni 45x33m, con profilo irregolare e frastagliato.
Non esistono documenti certi sulla data di fondazione del castello. L’assenza di riferimenti nei documenti anteriori al 1300, la storia della famiglia dei Conti e della regione e le compatibilità delle tecniche murarie dell’edificio con quelle dei paesi limitrofi, portano a stimare l’epoca di costruzione all’inizio del XIII secolo. In ogni caso, i primi riferimenti cronologici certi sono una sentenza del 1318 e un documento del 1320 che riguardano una disputa tra i fratelli Nicola e Giovanni Conti per il possesso dell’edificio. Tutti gli studi sono invece concordi sulla distruzione del fabbricato, avvenuta nel 1431, ad opera delle milizie mercenarie capitanate da Giacomo della Caldora e inviate dalla regina di Napoli, Giovanna II d’Angiò-Durazzo, nel corso degli scontri tra Papa Eugenio IV e i Colonna. Dopo tale data è reperibile l’intero elenco dei passaggi di proprietà. Inoltre esistono, a partire dalla seconda metà del 600, numerosi scritti e disegni che attestano le successive trasformazioni del fabbricato, a partire dal XVII secolo, da presidio militare a difesa della Valle del Sacco, di Artena e Valmontone, in casale di campagna, con la progressiva perdita dei caratteri militari (rovina delle torri, scomparsa della merlatura, ecc.) e l’accentuazione della presenza dei vani di servizio, spesso riadattamento degli ambienti più antichi. A partire dal 1779 la progettazione fu dovuta a Francesco Rust, architetto della famiglia Salviati. Nel 1804 la proprietà passò ai Doria Pamphili che affidarono ulteriori lavori di modifica e ampliamento ad Andrea Busirici Vici.
Nel secolo scorso il complesso ha subito gravi danni dal terremoto del 1915 e un’occupazione abusiva dal dopoguerra. Nel 2020 il Comune di Colleferro lo ha acquistato dalla famiglia Furlan.