Casa Conca
La dimora viene indicata dalla tradizione locale come casa natale di Sebastiano Conca, uno tra i più noti e apprezzati pittori fra 600 e 700, che nacque e morì a Gaeta. Chiamato anche “Il cavaliere”, si formò alla scuola napoletana di Francesco Solimena e operò poi a Roma, dove, tra le altre opere, con il patrocinio del cardinale Ottoboni e su incarico di papa Clemente XI, realizzò l’affresco raffigurante Geremia nella basilica di San Giovanni in Laterano.
L’edificio presenta caratteristiche storiche e architettoniche di indubbio interesse e valore, testimoniando l’evoluzione della fabbrica dal medioevo all’Ottocento, e rappresenta ancora oggi una forte presenza nel paesaggio gaetano.
Si sviluppa su due piani, con un nucleo centrale intorno a cui sono aggregati tre corpi.
Il nucleo più antico, anteriore all’epoca dello stesso pittore Sebastiano Conca, è identificabile nel piano terra del corpo centrale, presumibilmente di epoca medioevale, a cui pare essere stato aggiunto, nel tempo, un piano superiore, con cui era collegato tramite una scala adiacente, coperta da una voltina a sesto ribassato, oggi parzialmente crollata ma molto evidente.
Sul lato destro, invece, fu aggiunta, forse proprio dallo stesso Sebastiano Conca, noto per il suo alto senso di religiosità, una cappelletta, dalla bella volta lunettata, su cui si sviluppa una cucina. Il vano cucina è voltato a botte a sesto ribassato e una piccola scala lo collega con il terrazzo superiore e al suo interno sono ancora oggi visibili una grande cappa e un collegamento diretto con la cisterna. Sul lato sinistro, in adiacenza alla scala, si vede ancora un vano con forno, non si sa se precedente o contemporaneo all’ampliamento ottocentesco, che fu operato simultaneamente su tutti e due i piani dell’edificio.
Il piano terra mostra un sistema di tre ampie volte a crociera che scaricano le spinte su quattro poderosi pilastri in pietra viva sul fronte libero, mentre sul lato occupato dalla fabbrica preesistente i due centrali hanno più la funzione di lesena che di vero pilastro. Le dimensioni del nuovo modulo sono tipiche del periodo ottocentesco e delimitano spazi ampi e molto regolari, con tre camere quasi quadrate e un portico al piano superiore. Il nuovo intervento, che occlude completamente l’antico prospetto, ha inoltre volte e pareti in blocchi di tufo, a differenza dei corpi precedenti, edificati con pietre calcaree locali.
Le tre finestre in facciata hanno davanzali in ardesia e cornici a stucco ed evocano un’immagine quasi militaresca, facendo ipotizzare a quell’epoca un uso non più prettamente agricolo, ma, forse, di stazione di posta.
Fatta eccezione per la “cucina”, coperta con volta in muratura, gli altri vani del piano superiore hanno tutti copertura con tegole su orditura in legno.
L’immobile allo stato attuale necessita di restauri ed è in parte da ristrutturare, ma la struttura è solida e non presunta problemi statici.